Ci sono romanzi che si leggono tutti d’un fiato, e altri che si assaporano piano, come un sorso di vino buono. E poi ci sono libri che ti restano dentro, ti scavano, ti interrogano. “Vite Strappate” di Bruno Soldatiappartiene a questa terza, rarissima categoria. Un libro che non racconta solo una storia, ma ci costringe a guardare meglio le nostre, quelle che incrociamo ogni giorno senza sapere nulla di ciò che si portano dietro.
Ho deciso di pubblicare questo romanzo con Lupieditore perché, semplicemente, non potevo non farlo. Fin dalle prime righe ho percepito la forza gentile e profonda della scrittura di Soldati, capace di restituirci una realtà che conosciamo, ma che troppo spesso ignoriamo: quella delle vite ai margini, degli invisibili, dei dimenticati. E lo fa senza retorica, ma con una umanità disarmante.
Il protagonista di questa storia, Enea – o forse dovremmo dire Faruk Ashemì – è un clochard che abita le piazze e i silenzi di Rocca Scollata, piccolo borgo laziale che sembra immune al frastuono del mondo moderno. Una figura che appare secondaria nella quotidianità del paese, un’ombra discreta che si muove in punta di piedi tra i bar, le strade e i cuori chiusi. Nessuno sa davvero chi sia, da dove venga, né perché abbia scelto di vivere così. Ma tutti, in fondo, hanno imparato a conviverci.
Tutto cambia una mattina d’inverno, quando un bambino – Giacomo – viene investito in piazza. È in quell’istante sospeso tra la vita e la morte che Enea si rivela per ciò che è davvero: un medico. Non un miracolo, non un colpo di scena artificioso. Ma la rivelazione di una verità taciuta, di una vita sacrificata, di un passato lacerato dalla guerra in Libano. E da lì inizia il vero viaggio del romanzo: un viaggio nelle coscienze, nella memoria, e nella possibilità di redenzione.
Perché Enea è un simbolo. È il volto di tutti coloro che hanno perso tutto e che, nonostante tutto, non smettono di essere uomini. Con la loro dignità, la loro gentilezza silenziosa, la loro capacità di amare anche quando il mondo li ha respinti.
La morte di Enea, trovata una mattina di gelo sulla sua panchina, è uno schiaffo all’indifferenza. E grazie a un parroco coraggioso, Don Maurizio, che si prende la briga di tradurre i suoi scritti in arabo, finalmente la comunità scopre chi era davvero quell’uomo che avevano per tanto tempo ignorato.
Bruno Soldati riesce a raccontare tutto questo con uno stile asciutto, elegante, mai forzato. La sua penna accarezza le vite, ma le incide anche. Ci porta dentro i pensieri di Enea, dentro le ferite di chi ha visto la guerra, la perdita, l’abbandono, ma non ha mai perso la speranza nell’essere umano.
“Vite Strappate” è un libro che parla di immigrazione, di marginalità, di guerra, di memoria, ma soprattutto di rinascita e di umanità.
E in tempi come i nostri, in cui troppe persone vengono giudicate solo per ciò che appare, serve più che mai un libro come questo.
Serve ricordarci che dietro ogni panchina può nascondersi una storia straordinaria.
Che dietro ogni “clochard” può esserci un eroe.
Con Lupieditore abbiamo scelto di pubblicare e diffondere storie vere, forti, belle. Libri che toccano, che parlano al cuore e alla coscienza.
E questa, credetemi, è una delle più importanti che ci sia capitato di raccontare.

IL LIBRO